23 feb 2015

Capitò secoli fa anche con il cristianesimo.

Per esprimersi sull’estremismo islamico giova stare ai fatti. Ed i fatti dicono che dove esso si fa potere tutto quello che non rientra nella interpretazione di comodo che esso dà dell’Islam e del Corano viene represso, non andando per il sottile se si tratta di eliminare fisicamente quanti dissentono.

Capitò secoli fa anche con il cristianesimo, ma furono tempi bui che il solo ricordo induce ad agire affinché non si ripetano.

Attualmente si stanno costituendo con la forza delle armi addirittura Stati (califfati) al cui interno vige il disprezzo e la persecuzione degli infedeli, cioè di quanti professano una religione diversa. La genesi, nascita di questo fenomeno è diversa con responsabilità di colonialismi vari e ingiustizie perpetrate alcune ancora in corso, e di errori compiuti dall’Occidente che oggi teme il suo diffondersi.

Ed allora che fare?

Intanto non stare al suo gioco di rispondere alla violenza con altrettanta e più violenza, non farne una guerra di religione ma considerare l’estremismo islamico qual esso è: fanatismo che tenta di fare passare le sue efferatezze come difesa dei principi islamici.

Continuare ad intrattenere ed intensificare i rapporti con il mondo islamico che ripudia la violenza e pratica nella sua stragrande maggioranza la civile convivenza, nel rispetto delle differenze e dei percorsi che portano a migliorarla, facendovi concorrere quanto le religioni pure diverse hanno in comune tra loro.

Improntando il tutto nel rispetto e l’osservanza delle leggi vigenti dove ci si trova.

Fermo, severo, deciso contrasto di ogni azione lesiva dei diritti umani presenti nei singoli Stati e di quanto stabilito in proposito dagli organismi sopranazionali (Unione Europea, Onu), in particolare se si tratta di azioni belliche (di guerra) perduranti nel tempo.

Normale attenzione e prudenza personale nei confronti di circostanze e fatti inusuali, anomali, sospetti, ed eventuale comunicazione alle Forze dell’ordine.

Essere tenaci costruttori di giustizia e di pace, agendo affinché tutti abbiano la possibilità di vivere con i frutti del proprio lavoro “senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” come dispone l’art. 3 della nostra Costituzione.

 

Esibizionismo.

Si sentono parlamentari lamentarsi della scarsa considerazione che il Governo nutrirebbe per il Parlamento e viene in mente che a dare lustro e autorevolezza al Parlamento sono i parlamentari stessi eletti dai cittadini, con la qualità dei loro apporti all’attività legislativa ed altro cui sono chiamati.

Nei ruoli di maggioranza o di opposizione, con quest’ultima che controlla, critica e propone all’occorrenza.

Anche rischiando che la maggioranza ne tenga poco o per nulla conto; costringendola però a motivare e ad assumere le responsabilità che conseguono.

Ora invece assistiamo ad un esibizionismo con scarso riscontro in quanto detto.

Vale a dire che le opposizioni a volte ostacolano il lavoro della maggioranza per porla solo tatticamente in difficoltà e potere sminuire l’efficacia del suo fare, senza con ciò dimostrare le proprie capacità e legittimarsi a diventare maggioranza alle prossime elezioni.

Mentre la maggioranza si occupa troppo dei soli numeri di cui dispone in parlamento, incolpando l’ostruzionismo delle opposizioni se il programma che si è dato subisce ritardi attribuibili anche a limiti propri.

In Italia si fa così più che in altre democrazie moderne ed economicamente sviluppate dove invece, quando occorre, maggioranza ed opposizione convengono alla luce del sole compromessi utili e convenienti per l’interesse generale ed il bene comune.

L’auspicio è che in Italia l’avvicendamento democratico al governo del Paese non avvenga a favore di quanti sono più sfrontati a delegittimare l’avversario, ma tra contendenti capaci tra cui prevale il migliore.

Che possa governare e realizzare il programma per cui è stato votato, nel corso dell’intera legislatura.

E non abbia più alibi per non avvalersi del buono e giusto eventualmente proposto dall’apposizione.

16 feb 2015

Alcuni casi sono persino schifosi.

Il problema dell’evasione fiscale è essenziale ed è concausa delle serie difficoltà in cui permane l’Italia.

Siccome non saprei essere altrettanto chiaro e conciso riporto integralmente il “Buongiorno” di Massimo Granellini, “La Stampa” 11 febbraio scorso, che rende comprensibile a tutti il male che causa l’evasione fiscale e l’identikit dei protervi autori.

A carico dei quali oltre al ricupero delle somme evase con le prescritte penali e quant’altro, s’imporrebbe l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

 

Nella ormai celebre lista degli evasori innamorati della Svizzera non si trova traccia di pesci piccoli, smaniosi di sottrarre qualche sommetta alla rapacità dell’erario.

I dirottatori di denaro pubblico appartengono tutti alla categoria dei multimiliardari, ai quali i soldi delle tasse non servono affatto.

Alcuni casi sono persino schifosi, come quello dell’ex premier socialista (!) Papandreu che di giorno piangeva miseria per il popolo greco e la sera imboscava vagonate di euro in un conto segreto intestato alla madre.

Ma in genere questa sfilata di teste coronate e di teste montate si caratterizza per una disponibilità economica superiore a qualsiasi esigenza e, forse, decenza.

Se sei un campione di Formula Uno, una rockstar o il padrone del Banco Santander e possiedi mille fantastiliardi, cosa ti cambia lasciarne la metà al fisco? Te ne restano comunque cinquecento, con i quali potrai provvedere ampiamente ai bisogni tuoi e dei tuoi cari per le prossime trentotto generazioni.

Il resto lo rimetti in circolo a vantaggio della comunità, per migliorare quei servizi di cui peraltro anche tu fruisci.

Non è questione di moralismo, ma di un minimo sindacale di senso civico, oltre che di riconoscenza nei confronti della vita e delle persone meno fortunate di te che, avendoti eletto a loro punto di riferimento, hanno contribuito a renderti ultraricco.

L’avidità è una bestia feroce, specie quando si abbina con la megalomania.

Ma nella mia sconsolante ingenuità pensavo che avesse un limite – il centesimo lingotto d’oro, il terzo aereo privato – oltre il quale anche l’accumulatore più accanito intravedesse l’esistenza del prossimo.

 

 

Mare Nostrum

Per i migranti via mare si è passati da “Mare Nostrum” attuata dall’Italia per salvare delle persone, a Triton che si prefigge di tutelare le frontiere, i confini ed è svolta dall’Unione Europea.

Con la prima operazione i mezzi di soccorso si spingevano oltre 170 miglia dalle coste italiane ed erano attrezzati per il soccorso e salvataggio.

Con la seconda il pattugliamento arriva a sole 30 miglia e per soccorrere e salvare in mare è necessario chiamare la Guardia costiera.

Perdipiù adesso gli ignobili trafficanti costringono i migranti a partire con qualsiasi tempo con natanti che a malapena tengono il mare se è in bonaccia, ed i rischi della traversata aumentano a dismisura.

La recente ennesima tragedia con decine di persone morte assiderate per essere rimaste in balia del mare per ore dopo essere state sbalzate fuoribordo da onde alte come una casa di tre piani, è dovuta al tempo impiegato dai mezzi di soccorso per giungere sul posto, dove hanno dovuto operare in condizioni atmosferiche proibitive.

Ed ancora centinaia di altri morti in ulteriori 3 naufragi nel Canale di Sicilia di cui si conosce ancora poco prima che potessero giungere i soccorsi.

Tragedie umane con numeri spaventosi che richiamano tutti alla pietà generosamente attiva, ed in particolare quanti di dovere cui compete porvi rimedio.

Siccome il flusso delle persone che fuggono via mare da dure condizioni di vita senza speranza e financo da persecuzioni, tende ad aumentare perché peggiorano le condizioni nei luoghi di provenienza, non è pensabile lasciare le cose come stanno: significherebbe abbandonare una moltitudine di ragazzi, donne, uomini ad un tragico destino.

Per l’Unione Europea non è quindi ulteriormente rinviabile la decisione ed attuazione di iniziative politiche verso le realtà di provenienza dei flussi migratori, affinché si realizzino lì accettabili condizioni di vita, disciplinando nel contempo il fenomeno e relazionandolo all’ospitalità possibile nei vari Paesi europei.

Mentre torni per il tempo necessario un “Mare Nostrum” in versione europea.

 

9 feb 2015

Latte.

Dappertutto nel mondo la produzione di latte è in aumento: i 665 milioni di tonnellate dell’anno 2008 sono diventati 780 milioni nel 2013. L’incremento minore si è avuto nell’Unione Europea dei 28 Stati con + 2,15%; quello maggiore in India con + 40%.

L’Europa è il maggiore produttore di latte in assoluto con 157 milioni di tonnellate all’anno.

Di fronte a queste cifre si resta di sasso constatando che in Italia per ogni euro speso per prodotti lattiero-caseari solo 17 centesimi vanno ai produttori del latte; pochi troppo pochi addirittura insufficienti a coprire le spese.

Infatti delle 181 mila aziende esistenti nell’anno 1989 ne rimangono oggi meno di 40 mila.

Non va meglio per la produzione di cereali destinati alla vendita, al punto da indurre gli agricoltori a limitare la produzione al solo fabbisogno aziendale.

Nel passato non così remoto le cose andavano diversamente.

L’incidenza della materia prima sul prodotto finale (per i cereali: pane, pasta e prodotti da forno in genere) era del 25-30%, cioè di 25-30 centesimi per ogni euro speso.

Colpa della globalizzazione che omologa tutto al basso e la differenza qualitativa non è più riconosciuta?

Per il latte iniqua distribuzione delle risorse tra gli operatori della filiera a danno dei produttori?

C’entrano i prodotti Ogm e le smodate produzioni per ettaro che essi consentono?

Si tratta di maggiori costi che le aziende agricole italiane devono sostenere per concorrere alla sicurezza territoriale ed ambientale, attesa la fragilità del sistema e la poca cura che la mano pubblica vi dedica?

A queste domande ed a quant’altre si potranno porre occorre fornire risposte soddisfacenti ed adoperarsi per rimuovere le cause che attentano alla sopravvivenza stessa del settore agricolo e per conseguenza al “Made in Italy” alimentare che si fonda e si fonderà sempre sulla qualità dei prodotti della terra.

 

Grillo e gli operai.

Le gazzette informano che Grillo, uomo di spettacolo, ha annullato sette delle otto tappe del suo previsto tour nel mondo, perché la prevendita dei biglietti d’ingresso segnalerebbe che è meglio così.

Ripromettendosi forse di riprogrammare il tutto più in là nel tempo, magari limitandolo all’Italia dove Grillo - in versione più politica – “può contare su un pubblico consolidato, quasi militante”.

Avendo qualche esperienza di ruoli istituzionali, pur meno impegnativi del suo svolti pressappoco alla sua età attuale, posso immaginare quante energie richieda il gran daffare cui si sottopone.

Se poi lo si deve anche spettacolarizzare per ottimizzarne la resa complessiva, mi pare abbia del miracoloso quanto già da egli fatto finora.

Cogliere quindi il segnale che gli arriva dal mondo per rallentare un po’, parrebbe cosa saggia anche – o soprattutto – per un esuberante come lui.

 

Nottetempo sotto una fitta nevicata dei giorni scorsi, uno sparuto gruppo di operai ha riparato con competenza e solerzia la rottura della condotta sotterranea dell’acqua potabile, che aveva costretto ad interromperne l’erogazione.

Coesi, coordinati, essenziali anche nel comunicare sapevano cosa fare e ciascuno lo faceva dando il meglio.

Evitando anche il formarsi di una pericolosa buca in sede stradale ed a ridosso di un edificio.

Nell’intimo li ho ringraziati per la loro normale esemplarità, gioendo per il buon esito del loro lavoro svolto in condizioni proibitive.

Avendo concretamente dimostrato che non essere da meno è possibile.

Ciascuno secondo le personali capacità, rivendicando il diritto costituzionale di poterci provare e di vedere riconosciuto il proprio impegno.

 

4 feb 2015

Che la forma debba essere al servizio della sostanza non paiono esistere dubbi.

Otto anni figlio unico di genitori in lite; affidato ad una casa protetta dai servizi sociali è stato ucciso in modo efferato da suo papà in questa sede durante l’ora settimanale di colloquio.

Rimpallo di responsabilità, alla fine la Cassazione ha assolto tutti gli imputati, ovvero chi nella casa protetta doveva avere cura di lui, con la formula: “nessuno poteva prevedere ed impedire; nessuno ha sottovalutato o tradito la custodia del minore”.

Alla mamma che chiedeva lumi sulla drammatica vicenda la giustizia avrebbe addirittura addebitato delle spese!

Non s’intende qui discutere il verdetto, ma svolgere alcune considerazioni su forma e sostanza che emergono dalla triste vicenda.

Che la forma debba essere al servizio della sostanza non paiono esistere dubbi.

In questo caso la sostanza era il bimbo e per garantirne la tutela da ogni punto di vista: fisico, psichico, emotivo, degli affetti, la forma doveva essere la più idonea per raggiungere questo risultato.

Forma non definibile a priori se non per sommi capi; da declinare di volta in volta tenendo conto delle specifiche situazioni in cui il bimbo si fosse venuto a trovare.

Cioè chi di dovere avrebbe dovuto operare con un protocollo che prevedesse di fare tutto quanto era nelle sue possibilità nelle situazioni che di fatto si prospettassero, affinché la sostanza, cioè il bimbo, non avesse a patirne.

Quindi norma non solo per disciplinare lo svolgimento di un servizio di routine, ma capace di  attivare e sollecitare l’espressione del meglio delle persone preposte, così da tutelare veramente ed efficacemente la sostanza, cioè il bimbo.

Così evidentemente non è stato ed a soccombere è stato il più esposto, il più debole vittima di un papà insano da cui andava difeso.

 

 

 

Giorgio Napolitano è stato di parola.

Giorgio Napolitano è stato di parola, aveva promesso che il suo secondo mandato (prima volta nella storia della Repubblica) sarebbe terminato quando le riforme necessarie per l’Italia fossero fatte, o in corso o almeno iniziate.

Così è stato.

La data delle sue dimissioni, appena successiva alla scadenza del semestre di presidenza italiana del Consiglio d’Europa - formato dai capi di governo dell’Unione Europea - la dice lunga sulla sua sensibilità politica e l’alta considerazione per l’Unione ed il ruolo che vi svolge il nostro Paese.

Sergio Mattarella è il nuovo Presidente della Repubblica, eletto alla quarta votazione  con 665 consensi sui 1009 aventi diritto al voto.

Si è giunti alla sua candidatura con una procedura insolitamente sollecita ed esplicita, ampiamente condivisa avendo sfiorato la maggioranza dei due terzi per essere eletti nelle prime tre votazioni.

Il Governo con il Partito Democratico asse portante, hanno fatto la loro parte per costruire le necessarie convergenze e dare all’Italia una figura simbolica di Capo dello Stato, rappresentante dell’unità nazionale e garante della Costituzione, capace di compendiare ed esprimere il meglio del Paese sia all’interno che in Europa e nel Mondo.

Il primo pensiero del neoeletto Presidente “alle difficoltà ed alle speranze dei concittadini” poi la visita-omaggio alle Fosse Ardeatine.

Un buon viatico arriva dall’Istat secondo cui recentemente si sono creati centomila nuovi posti di lavoro (modesti se confrontati con i milioni di quelli persi, ma significativi per l’inversione della tendenza) e la disoccupazione e scesa al disotto del 13%.

Se “il buon giorno si vede dal mattino”, ovvero “chi ben inizia è a metà dell’opera” si può quindi dire che il settennato di Sergio Mattarella è partito col piede giusto.

L’augurio è che prosegua e che gli italiani e le italiane continuino a mettercela, perché alla resa dei conti sono poi loro che fanno la differenza.