29 ott 2012

La via Francigena

Marco, quarantott’anni ben portati s’è proposto di riscoprirne il fascino da pellegrino d’antan, con il solo ausilio della bicicletta anziché del mulo o dell’asino.

Ed ha raccontato come è andata.

Partenza da Torino all’inizio dello scorso mese di ottobre, con la scritta “Con la Francigena da Torino verso Roma” sulla maglietta, a Orvieto l’arrivo. Oltre seicento chilometri in sei giorni. In sella sette – otto ore al dì, cibi energetici consumati andando o in brevi soste, bevande non gasate né alcoliche. Il pasto serale comodo a tavola, in compagnia lasciandosi andare.

Pernottando dove capitava: ostelli, canoniche, monasteri, agriturismi, locande, case private. Tempo buono durante tutto il percorso.

Toccando: Pavia, Fiorenzuola D’Arda, Fornovo sul Taro, Berceto, Sarzana, Lucca, Siena, Acquapendente.

Imprevisti: pochi e leggeri. Condizioni fisiche buone. Spesa complessiva, qualche centinaia di euro.

Numerosi pellegrini incontrati: da soli o in piccoli gruppi prevalentemente a piedi; naturale lo scambio di informazioni, esperienze, motivazioni, vissuti personali, specie nei luoghi di sosta o pernottamento.

Inverosimile quantità di capannoni industriali in disuso ai lati della via Emilia.

Condizioni della strada e delle pertinenze: fossi, ripe, manufatti vari; guardrail, segnaletica; ed anche pattume e rottami abbandonati; discrete all’inizio, a peggiorare scendendo verso Roma.

Numerose località non si sono ancora riprese dallo shock da modernità, esempio: il loro isolamento a seguito costruzione autostrada che ha dirottato altrove veicoli e persone.

Celle dei frati in monastero abbandonato adattate via via per decorosi pernottamenti da due impavide religiose bergamasche (ora di sessanta e ottant’anni), in trent’anni di lavoro con le offerte volontarie degli ospiti in transito.

Parroco evangelicamente ospitale in canonica, sorpreso dall’obolo per la chiesa.

Camionisti indulgenti e rispettosi del suo arrancare e perfin carini: in particolare salendo i trenta chilometri della Cisa tra le province di Piacenza e La Spezia, con sorpassi ad hoc per non recargli disturbo o pericolo.

Scorci, scenari, albe, tramonti, umori, nebbie, umanità: ne valeva la pena.

In attesa di vedere il Papa.

 

25 ott 2012

Sbarazzino

Matteo Renzi, sindaco di Firenze, Partito Democratico, ha illustrato ai cittadini convenuti al teatro Alfieri di Asti il suo programma di candidato alle primarie del centrosinistra che si terranno in Italia il 25 novembre prossimo.

L’ha fatto con lo stile sbarazzino e accattivante che lo contraddistingue, non nascondendo l’ambizione di diventare – al primo tentativo – il leader della coalizione di centrosinistra alle elezioni politiche della primavera prossima. Nonostante se la debba vedere con personaggi della statura di Pierluigi Bersani, Nichi Vendola ed altri che si candideranno.

L’obiettivo è di eleggere un leader che compendi il meglio di quanto ciascun candidato porterà in dote. Affinché con il centrosinistra prevalga la politica di stabilizzazione dei risultati raggiunti dal Paese con gli impegnativi sacrifici finora sostenuti, e si avvii e prenda forza la ripresa facendo perno su: lavoro, giustizia sociale, equità fiscale, sviluppo culturale, capacità di fare.

Confermando così che l’Italia sa il fatto suo, e continuerà ad essere partner importante nella costruzione dell’Europa solidale e federale.

Cenni sulle regole per votare alle primarie del centrosinistra del 25 novembre 2012.

Possono votare tutti i cittadini in possesso della tessera elettorale, che sottoscrivono l’appello di sostegno alla coalizione di centrosinistra “Italia Bene Comune” e dichiarano di riconoscersi nella sua Carta di intenti.

Occorre iscriversi all’Albo degli elettori nel periodo dal 4 al 25 novembre 2012 e versare almeno 2 euro di contributo per le spese.

Bisogna recarsi a votare nel seggio che include la sezione elettorale presso cui si vota normalmente, muniti di carta d’identità o documento equipollente.

Si esprime una sola preferenza in corrispondenza del candidato prescelto.

Se nessun candidato otterrà almeno il 50% più uno dei consensi al primo turno, ci sarà il ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto più consensi.

Al ballottaggio potranno partecipare anche coloro che non si sono potuti iscrivere nell’Albo degli elettori al primo turno, purché si iscrivano nell’Albo stesso nei giorni che saranno indicati.

Norme particolari consentiranno il voto degli italiani all’estero, dei lavoratori e studenti domiciliati fuori dalle regioni di residenza, nonché il voto presso seggi speciali.

L’invito è di votare e far votare per dare una forte legittimazione democratica al leader che sarà eletto.

 

23 ott 2012

Cosa desiderano le donne.

Si dice che Sigmund Freud abbia portato nella tomba il cruccio di non avere compreso cosa desiderano le donne.

Potrebbe semplicemente trattarsi di ciò che ad esse piace, lasciando agli interlocutori l’onere della ricerca e il brivido della scoperta.

Una sorta di gioco della vita, capace di renderla migliore e perfino gradevole, se vi si partecipa con generosa disponibilità, attenzione e rispetto reciproco.

Detto così alla buona, consapevole del fatto che i rapporti tra le persone – specie donna-uomo – si sono innovati disvelando aspetti inediti della personalità, rispetto al tempo in cui il padre della psicanalisi si era posto il problema.

Se invece della stimolante e gioiosa ricerca di quali possano essere i desideri delle donne e di come incontrarli, li si ignorano, banalizzano, sottovalutano o, peggio, prevaricano, si apre il vaso di Pandora: incomprensioni, litigi, dolorose ferite nell’intimo, asprezze; insomma il peggio dell’animo umano. Che può sfociare – se il rapporto è donna-uomo – in inconsulte prove di forza, con drammatiche, ignobili violenze e la soccombenza anche fisica della parte più vulnerabile: nella maggioranza dei casi quella femminile.

Con l’altra ridotta a testimoniare il proprio fallimento.

 

22 ott 2012

Scossa vitale.

Poter vivere del proprio lavoro è diritto-dovere di ogni cittadino, sancito dalla Costituzione madre di tutte le leggi e legge essa stessa. Infatti: art. 1 “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”; art. 4 “la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

Attualmente si conviene che per uscire dalla difficile situazione in cui ci troviamo bisogna ripartire dal lavoro, cioè perseguire con determinazione l’obiettivo di salvaguardare il lavoro che c’è e promuoverne di nuovo, perché solo attraverso di esso si produce vera ricchezza, che consente al nostro Paese di rientrare nel novero di quelli che sanno badare a se stessi.

Infatti ogni persona che lavora produce più risorse di quante ne consuma per condurre una vita dignitosa. Se queste risorse non consumate vengono distribuite equamente tra quanti hanno contribuito a produrle, ritornano fisiologicamente nel sistema e alimentano il suo funzionamento e sviluppo.

Se invece esse si accumulano patologicamente nelle tasche di pochi e vengono utilizzate in attività speculative – far soldi coi soldi – a proprio esclusivo vantaggio, al sistema manca la linfa vitale ed entra in crisi.

E siamo all’oggi. Crisi di sistema come riconoscono tutti, da cui se ne esce ristabilendo equità e giustizia modernamente intese, cioè rimuovendo le storture che si sono accumulate nel tempo e attuando concretamente il dettato costituzionale. Che vuol dire recuperare in modo saggio e determinato le risorse che ora non concorrono al “progresso materiale o spirituale della società” – anzi vi attentano – e renderle disponibili per la creazione di opportunità di lavoro per i giovani in particolare.

Donne e uomini le cui volontà e talenti – che il lavoro renderà manifesti – daranno una scossa vitale, con benefici inimmaginabili innescati dal prevalere del meglio, rispetto al peggio che oggi sembra spadroneggiare.

 

18 ott 2012

Legge di stabilità

Si riportano stralci dell’editoriale di Luca Ricolfi (“La Stampa”, 13.10.12) da cui risulterebbe che la “Legge di stabilità” nel testo presentato dal governo, non solo non riduce la pressione fiscale sui redditi più bassi come dichiarato, ma addirittura l’aumenta per tutti.

“Ci sono voluti un paio di giorni per raccapezzarsi, ma alla fine il quadro è diventato abbastanza chiaro. [….] Primo: nonostante la sbandierata diminuzione dell’Irpef, la pressione fiscale complessiva sulle famiglie aumenta leggermente. A regime, infatti la lieve diminuzione dell’aliquota Irpef è più che compensata dalla somma delle misure che aumentano il prelievo: scomparsa di alcune deduzioni e detrazioni, introduzione di franchigie e, soprattutto, ulteriore aumento dell’Iva. Secondo: il grosso della manovra tocca famiglie (con le riduzioni Irpef) e consumatori (con l’aumento dell’Iva), ma lascia sostanzialmente invariata la pressione fiscale sui produttori, peraltro già vessati nelle manovre precedenti. Difficile pensare che una miscela di questo tipo possa stimolare la crescita. Terzo punto: la distribuzione del carico fiscale è più iniqua di prima. Questo è un punto un po’ tecnico, ma ne voglio parlare lo stesso, perché a prima vista sembrerebbe vero il contrario. Il governo ha infatti presentato la sua manovra come una boccata d’ossigeno ai ceti bassi, in quanto le aliquote che sono state abbassate (di 1 punto) sono le prime, quella del 23% e quella del 27%. Quel che non si dice, tuttavia, è che le riduzioni del prelievo sui primi «scaglioni» di reddito riguardano tutti, anche chi guadagna 50 o 100 mila euro l’anno. Facciamo un esempio concreto: un lavoratore che guadagna 18 mila euro avrà uno sconto di 180 euro l’anno (15 euro al mese), ma un lavoratore che guadagna il doppio, ossia 36 mila euro, avrà uno sconto di 280 euro (23 euro al mese), perché percepirà interamente gli sconti previsti sui primi due scaglioni (fino a 28 mila euro). Per il fisco, infatti, ogni reddito è la somma di tanti «pezzi» di reddito (gli scaglioni, appunto), ciascuno dei quali è tassato con una sua aliquota: quindi se un governo abbassa l’aliquota sullo scaglione più alto il beneficio va solo ai ricchi, ma se abbassa l’aliquota sugli scaglioni più bassi il beneficio non va solo ai poveri bensì a tutti, perché il reddito di un ricco è la somma di tanti «pezzi» di reddito, ciascuno tassato con la sua aliquota. In breve la manovra non concentra affatto i benefici sui ceti bassi, ma li spalma un po’ su tutti. Ma davvero su tutti? Assolutamente no, perché dalla riduzione delle aliquote restano esclusi i poverissimi, ossia coloro che guadagnano così poco da essere completamente esentasse (i cosiddetti incapienti). Come sempre lo strumento fiscale è impotente verso chi sta fuori del circuito del fisco, ossia evasori e veri poveri. Si potrebbe pensare che però almeno i ceti medio-bassi, ossia chi guadagna fra 8 e 28 mila euro (e dunque non è né incapiente né ceto medio), abbia comunque un beneficio. Ancora una volta, sembra ma non è: i soldi per abbassare le aliquote verranno trovati anche eliminando o attenuando vari sconti fiscali preesistenti, con il risultato di annullare o decurtare il già misero regalo di 10 o 15 euro al mese. Se poi a tutto ciò aggiungiamo l’aumento di un punto dell’Iva, che scatterà nella seconda metà del 2013 (ossia dopo le elezioni, guarda caso), è facile dedurne che la pressione fiscale aumenterà su quasi tutti i contribuenti, e in misura massima sui poverissimi, che non solo non potranno usufruire di alcun beneficio fiscale (perché non versano tasse), ma pagheranno l’aumento dell’Iva nella veste di consumatori, e lo faranno in misura maggiore di qualsiasi altro gruppo sociale, visto che la propensione al consumo è ovviamente massima là dove non vi è alcuna possibilità di risparmiare. Quarto punto: mentre tutti i benefici fiscali previsti sono futuri, la soppressione degli sconti in vigore (detrazioni e deduzioni) scatta già sui redditi del 2012, e dunque è retroattiva, essendo tali redditi in massima parte già maturati (siamo a ottobre, e la legge sarà approvata a fine anno). [….]”

Se le cose stanno così l’imperativo è: porvi rimedio subito.

 

 

 

 

12 ott 2012

Provincia di Asti

L’on. Maria Teresa Armosino si è dimessa dalla carica di Presidente della Provincia di Asti, perché impossibilitata – afferma lei – a svolgere i suoi compiti, per lo stato di dissesto che il decreto “Salva Enti” del governo provocherebbe nel bilancio provinciale, ed anche perché le recenti disposizioni normative porterebbero alla soppressione dell’Ente.

Un gesto forse influenzato dal dolore per la recente prematura scomparsa di persona cara, e dalla più prosaica esigenza di riposizionarsi in vista delle elezioni politiche della primavera prossima.

La conseguenza è il venir meno di un ruolo chiave di cui c’è penuria, non solo nell’Astigiano. Quello attraverso il quale – se si riscuotono credibilità e autorevolezza – è possibile esercitare responsabilità che rassicurino, e orientino quanti operano nella realtà data a svolgere i loro compiti con intraprendente determinazione.

Con l’Ente in stasi, proprio in una fase particolarmente delicata, nella quale si decidono le sorti del suo Personale e dei 118 Comuni che lo costituiscono.

Infatti gli scenari che si prospettano sono il commissariamento della Provincia per il disbrigo dell’ordinaria amministrazione e l’indizione delle elezioni anticipate, ovvero l’accelerazione della procedura per la sua soppressione. Senza poter disporre di interlocutori essenziali quali la Presidente, la Giunta, il Consiglio.

Sarà quindi necessario un maggiore impegno dei Comuni, in primis quello di Asti capoluogo.

Per la definizione degli obiettivi che ci si dà, l’instaurazione e l’intrattenimento di rapporti con partner adatti per la costruzione di soluzioni condivise e confacenti alle caratteristiche ed agli interessi di quanti si troveranno a lavorare insieme in realtà istituzionali rinnovate, certamente da rodare ma rese più rispondenti alle esigenze di un mondo in continua evoluzione.

8 ott 2012

Obama e altri.

Sintesi.

Obama. E’ parso un po’ appannato e stanco nel recente confronto con Romney. Ma ce la farà per il secondo mandato, perché l’America sa che ha lavorato sodo e bene;

Merkel. Sta facendo buone mediazioni perché la Germania svolga un ruolo positivo per un’Europa solidale e federale;

Hollande. E’ serio, ha buone idee, fa quanto promesso; se ne giovano la Francia e i Paesi cui sta a cuore andare avanti insieme;

Monti. Non è un semidio ma sa fare bene le cose che servono. Merita continuare ad avvalersene, sperando che la voglia non gli venga meno;

Renzi. Deve potersela giocare fino in fondo, alla pari con gli altri contendenti, e il Pd opererà perché così sia;

Della Valle. Un sasso in piccionaia, l’invito agli imprenditori a fare la loro parte per superare le difficoltà in cui versiamo;

Grillo. La democrazia deve essere capace di discernere il buono in ciò che dice, e farne un uso appropriato;

Formigoni. La recente condanna in primo grado a dieci anni di Daccò per reati che riguardano il pubblico denaro, lo indurrà a ritenere almeno imbarazzante la sua frequentazione e a trarne le debite conseguenze?

Un amico. M’ha recentemente ricordato che dove c’è democrazia ogni popolo ha quella che si merita; ed anche che non piangersi addosso e non darsi per vinti può migliorarla;

Fornero. E’ una “ruscona” e già questo la salva; se poi si dedicasse anima e corpo a mantenere il lavoro che c’è ed a promuoverne di nuovo, “santa subito” sarebbe lo slogan più scandito.

Scandalosa dissipazione di risorse pubbliche

La presidente della giunta di centrodestra della regione Lazio Renata Polverini, si è dimessa ed il consiglio è automaticamente venuto meno. Ma essa è rimasta in carica per l’ordinaria amministrazione, che le ha consentito di revocare assessori, stipulare contratti, affidare consulenze ed altro ancora. Per di più nella sua qualità di commissario di governo della sanità continua ad esercitare un potere rilevante, compresa la gestione di risorse finanziarie.

Come se non bastasse a lei compete indire le elezioni del nuovo consiglio regionale entro un tempo che, per questioni interpretative, potrebbe ritardare di mesi. Nel frattempo i consiglieri, gli assessori e la Polverini stessa continuerebbero a godere dei cospicui corrispettivi in atto, e delle stesse prebende la cui entità e modalità gestionali hanno suscitato indignazione e riprovazione.

Troncare con la scandalosa dissipazione di risorse pubbliche che ha travolto l’amministrazione della regione Lazio e indire tempestivamente nuove elezioni, sono atti istituzionali dovuti e s’attende che chi di dovere vi ponga mano.

Alla Magistratura il compito di accertare e sanzionare gli autori di eventuali reati.

Da parte loro i partiti non ricandidino quanti hanno avuto in qualche modo parte nella malversazione. E coinvolgano gli elettori nella selezione di candidati competenti destinati a funzioni pubbliche da svolgersi con disciplina ed onore (art. 54 Costituzione).

Ps. “Indagini conoscitive” sono state avviate dalla Guardia di Finanza in altre amministrazioni regionali, tra le quali il Piemonte, l’Emilia Romagna e la Sicilia.

Dodici consiglieri e il presidente della giunta regione Lombardia Formigoni, sono indagati con ipotesi di reato che hanno a che vedere con le funzioni da essi svolte.

Indagati ma non condannati, quindi ancora innocenti. Ma la macchia all’etica, all’onore ed alla politica c’è, e i partiti cui compete non possono far finta di niente.

E’ stato arrestato Franco Fiorito, ex capogruppo consiliare e tesoriere del Pdl regione Lazio.